Minori in pericolo? Genitori italiani portano Meta e TikTok in tribunale: tutti i dettagli sulla causa collettiva per la sicurezza online

Minori in pericolo Genitori italiani portano Meta e TikTok in tribunale tutti i dettagli sulla causa collettiva per la sicurezza online__

Luca Antonelli

Ottobre 3, 2025

Un gruppo di famiglie italiane porta in tribunale Meta e TikTok, accusando le piattaforme di non proteggere adeguatamente i minori dall’esposizione a contenuti pericolosi.

È stata depositata a Roma, il 2 ottobre 2025, una causa collettiva che vede protagonisti decine di genitori italiani. Il bersaglio della controversia sono due colossi del digitale, Meta e TikTok, accusati di non aver predisposto misure efficaci per proteggere i minori da contenuti violenti, sfide pericolose e pubblicità invasive. La class action nasce da una serie di episodi che, negli ultimi anni, hanno sollevato allarme nell’opinione pubblica: casi di adolescenti coinvolti in “challenge” rischiose e diffusione di materiale non adatto ai più giovani.

Le accuse contro Meta e TikTok

Secondo l’atto depositato dagli avvocati, le piattaforme non avrebbero rispettato gli obblighi di diligenza nella moderazione dei contenuti. Gli algoritmi che regolano la visibilità dei post, infatti, spingerebbero spesso in alto video sensazionalistici o estremi, attirando l’attenzione dei più piccoli. Per i genitori, questo meccanismo non rappresenta solo una mancanza di tutela, ma una vera responsabilità civile.

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Il procedimento giudiziario si inserisce in un quadro europeo già in fermento. – www.sanzioniamministrative.it

La causa richiama anche il Digital Services Act europeo, che impone ai grandi operatori online regole più stringenti sulla protezione dei minori e sulla trasparenza degli algoritmi. Secondo i ricorrenti, Meta e TikTok non avrebbero adottato misure proporzionate al rischio, continuando a permettere che bambini e adolescenti venissero esposti a contenuti inadeguati.

Non è la prima volta che queste piattaforme finiscono nel mirino della giustizia. Negli Stati Uniti e in altri Paesi europei sono già partite cause simili, alcune delle quali hanno portato a risarcimenti o a impegni vincolanti per rafforzare i controlli. In Italia, però, questa è la prima vera class action che punta a un riconoscimento ufficiale della responsabilità delle aziende.

L’azione legale chiede non solo un risarcimento economico per le famiglie coinvolte, ma anche l’introduzione di sistemi di verifica più rigorosi sull’età degli utenti e una revisione delle logiche algoritmiche che favoriscono contenuti potenzialmente dannosi.

Il contesto europeo e le possibili conseguenze

Il procedimento giudiziario si inserisce in un quadro europeo già in fermento. La Commissione europea ha più volte avviato indagini sui social network, contestando la scarsa trasparenza degli algoritmi e l’insufficienza delle misure a tutela dei minorenni. Con l’entrata in vigore del Digital Services Act, Bruxelles ha acquisito nuovi poteri di controllo e può imporre sanzioni fino al 6% del fatturato globale delle aziende che violano le regole.

In questo scenario, la causa dei genitori italiani potrebbe rappresentare un precedente importante. Se i giudici riconoscessero la responsabilità delle piattaforme, si aprirebbe la strada ad altre azioni legali in diversi Paesi, con conseguenze economiche e di immagine pesanti per Meta e TikTok.

Le aziende, dal canto loro, hanno ribadito l’impegno a garantire la sicurezza degli utenti più giovani, citando strumenti come i controlli parentali e le restrizioni sugli account dei minori. Per gli avvocati delle famiglie, però, questi strumenti si sono rivelati insufficienti e facilmente aggirabili.

Il dibattito non è solo legale ma anche politico. In Parlamento si discute di nuove norme nazionali per integrare il quadro europeo, mentre associazioni di genitori e pediatri chiedono interventi più rapidi. L’opinione pubblica resta divisa: c’è chi vede nei social uno strumento utile di socializzazione e chi li considera un pericolo costante per la crescita dei più giovani.

La vicenda appena iniziata potrebbe avere effetti a lungo termine, non solo sulle piattaforme coinvolte ma sull’intera regolamentazione del digitale in Europa. Se confermata in tribunale, segnerebbe un punto di svolta nel rapporto tra famiglie, istituzioni e big tech.