Se approvata nella Manovra 2026, la soglia di esonero fiscale sui buoni pasto elettronici salirebbe da 8 a 10 euro, garantendo ai lavoratori un incremento netto fino a 440 euro l’anno e un impatto positivo sui consumi pari a 1,9 miliardi.
Il governo valuta di introdurre nella Manovra 2026 una modifica molto attesa dai lavoratori: l’aumento della soglia esentasse dei buoni pasto elettronici da 8 a 10 euro. Una misura che, se confermata, renderebbe più semplice per le aziende e i dipendenti siglare accordi per l’aumento del valore dei ticket senza subire aggravi fiscali.
Secondo le prime stime, l’iniziativa potrebbe portare a un incremento medio annuo di circa 440 euro netti per chi usufruisce del servizio, con benefici diretti anche per l’economia nazionale.
Come funzionano oggi i buoni pasto
Attualmente, la normativa prevede che i buoni pasto cartacei siano esenti da tassazione fino a 4 euro, mentre quelli elettronici fino a 8 euro. Superate queste soglie, l’importo eccedente diventa imponibile ai fini Irpef.
Questa distinzione è rimasta invariata dal 2020 e non rispecchia più il contesto economico attuale, caratterizzato da un forte aumento del costo della vita e da un potere d’acquisto sempre più ridotto per i dipendenti.

Con la possibile modifica della legge, l’aumento del tetto a 10 euro favorirebbe una maggiore diffusione dei ticket elettronici, già preferiti da molte aziende per praticità e tracciabilità. Non si tratterebbe di un obbligo, ma di una possibilità agevolata che renderebbe conveniente per datori di lavoro e dipendenti concordare il nuovo valore senza pagare tasse sui due euro aggiuntivi.
I benefici economici e l’impatto sui consumi
Uno studio condotto da The European House – Ambrosetti insieme a Edenred stima che l’incremento della soglia a 10 euro potrebbe generare un aumento dei consumi tra 1,7 e 1,9 miliardi di euro, con un effetto positivo anche sul gettito Iva per circa 200 milioni.
A fronte di un costo per lo Stato stimato tra 75 e 90 milioni, il beneficio netto per le casse pubbliche oscillerebbe tra 95 e 110 milioni di euro. In caso di aumento graduale, la crescita complessiva nel triennio 2026-2028 potrebbe toccare 176 milioni di entrate aggiuntive.
L’innalzamento della soglia avrebbe effetti diretti su 3,5 milioni di lavoratori, di cui 2,8 milioni nel settore privato e 700 mila nel pubblico, oltre a 250 mila enti e aziende che acquistano i servizi di mensa e 170 mila esercizi convenzionati tra bar, ristoranti e gastronomie.
Con una soglia di 10 euro, un dipendente che utilizza i buoni per circa 220 giornate lavorative l’anno riceverebbe un valore complessivo di 2.200 euro, contro gli attuali 1.760, con un guadagno netto di 440 euro.
Le proposte e le nuove regole già in vigore
La proposta era stata avanzata già nei mesi scorsi da Edenred Italia, secondo cui la soglia ferma da cinque anni penalizza sia le imprese che i lavoratori. «Rivedere il limite fiscale non è un costo, ma un investimento strategico per sostenere il potere d’acquisto», ha spiegato Fabrizio Ruggiero, amministratore delegato dell’azienda.
Nel frattempo, da settembre 2025 sono entrate in vigore le nuove regole sulle commissioni dei buoni pasto. Come stabilito dalla legge annuale per la concorrenza n. 193/2024, le trattenute applicate ai commercianti che accettano i ticket non possono superare il 5% del valore del buono, contro percentuali che in passato arrivavano fino al 20%.
La riduzione delle commissioni punta a incentivare più bar, ristoranti e supermercati ad accettare i ticket, aumentando così la loro utilità quotidiana per milioni di lavoratori.
Se la misura entrerà nella Manovra 2026, l’Italia potrebbe assistere a un rafforzamento del welfare aziendale e a un aumento reale del potere d’acquisto dei dipendenti, con un effetto positivo a cascata sull’economia e sui consumi interni.