Quattro ragazzini musulmani, 13 anni, hanno scelto di non ascoltare la benedizione di inizio anno nel plesso scolastico di Cerea. La vicenda ha acceso un acceso dibattito tra politica, scuola e comunità religiosa.
Lunedì mattina, nel rinnovato parco delle scuole medie di Cerea, in provincia di Verona, durante la cerimonia di inizio anno con la benedizione del parroco, quattro studenti tredicenni hanno compiuto un gesto che ha immediatamente fatto discutere: si sono tappati le orecchie per non ascoltare la preghiera. I ragazzi, tutti di religione musulmana, hanno spiegato che il loro comportamento era legato a un precetto religioso, secondo il quale non è consentito ascoltare preghiere di fedi diverse dalla propria.
Il fatto, riportato dai compagni e dagli insegnanti presenti, è stato subito segnalato alla dirigente scolastica. La preside ha avviato un confronto con il provveditorato per valutare l’eventuale provvedimento disciplinare. L’episodio, definito da alcuni come una “bravata adolescenziale” e da altri come un “gesto grave e irrispettoso”, ha aperto una discussione pubblica che tocca temi di convivenza, rispetto reciproco e integrazione.
Le reazioni della scuola, della Chiesa e della politica
Il primo a intervenire è stato il sindaco di Cerea Marco Franzoni, che ha parlato di un gesto “grave, irrispettoso e inaccettabile” capace di offendere la comunità e i valori su cui si fonda. “Il rispetto deve essere reciproco, la tolleranza non può essere a senso unico”, ha dichiarato.
Meno dure le parole del vicario parrocchiale don Nicola Zorzi, che ha invitato a ridimensionare l’accaduto definendolo una “bravata”. Una linea più morbida è stata adottata anche dal vice segretario del Pd di Verona e sindaco di Belfiore Alessio Albertini, che ha parlato di “sanzione equilibrata” se vi fosse stata mancanza di rispetto, ma ha espresso il dubbio che si trattasse più di un atto adolescenziale che di vero rifiuto religioso.

All’opposto, il dibattito politico ha acceso i toni. L’eurodeputato Paolo Borchia ha sottolineato che “l’appartenenza a un credo diverso non giustifica la mancanza di rispetto per un rito religioso” e ha accusato le famiglie di non favorire un reale percorso di integrazione.
Duro anche l’ex assessore regionale Massimo Giorgetti, secondo cui il gesto rappresenta “una nicchia culturale chiusa, condizionata da forti pressioni familiari”. La candidata Pd alle regionali Sara Gini, invece, ha ribadito che la libertà religiosa è un diritto, ma che “in un contesto educativo ascoltare non significa aderire, significa riconoscere l’altro”.
Libertà religiosa, convivenza e il ruolo della scuola
I ragazzi coinvolti hanno spiegato di non aver voluto mancare di rispetto al parroco o alla scuola, ma di aver semplicemente rispettato una regola della loro religione. Una posizione che apre una questione più ampia: come conciliare i diritti di libertà religiosa con le tradizioni cattoliche ancora presenti nella vita scolastica italiana?
La scuola, come ricordato da più voci, resta il luogo privilegiato del dialogo. Qui, il confine tra rito religioso e momento culturale può risultare sottile. Molti docenti e dirigenti scolastici sottolineano l’importanza di trovare formule inclusive, che non impongano pratiche di fede ma che riconoscano le diverse sensibilità presenti nelle classi.
Il caso di Cerea si inserisce in un contesto più ampio, in cui episodi legati al rapporto tra religione, educazione e convivenza sociale si ripetono con frequenza. La discussione non riguarda solo il singolo gesto dei quattro studenti, ma tocca il tema dell’integrazione delle nuove generazioni, nate e cresciute in Italia, e al tempo stesso legate ai precetti della propria tradizione religiosa.
La vicenda resta al centro dell’attenzione: la dirigente scolastica, in contatto con il provveditorato, dovrà decidere se applicare sanzioni disciplinari o se considerare l’accaduto come un momento di confronto educativo. Sullo sfondo, le parole del parroco che invita a non esasperare i toni, ma anche quelle dei politici che chiedono fermezza, mostrano quanto questo episodio rifletta una questione che va ben oltre le mura della scuola.