Le novità del bonus mamme 2026 puntano a rafforzare l’esonero contributivo, con estensione alle lavoratrici con due figli e nuove regole su reddito e durata del beneficio.
Nel corso del 2025 il Governo e il Parlamento hanno avviato l’adeguamento del quadro normativo relativo al bonus mamme, prevedendo interventi per il biennio 2025-2026. Le modifiche riguardano le modalità dell’esonero contributivo per lavoratrici madri con due o più figli, introducendo nuove soglie reddituali e condizionalità.
Le misure previste nel 2026 e ambito di applicazione
Per il 2026 l’agevolazione chiamata bonus mamme mantiene la struttura di esonero contributivo nei versamenti previdenziali a carico delle lavoratrici, per la parte relativa a invalidità, vecchiaia e superstiti. Il beneficio è rivolto alle madri con almeno tre figli, che potranno fruire dell’agevolazione fino al mese in cui il figlio più piccolo compie 18 anni. Questa clausola era già prevista per il periodo 2024-2026.

Dal 2025 è stata introdotta una estensione sperimentale per le lavoratrici con due figli, con reddito imponibile non superiore a 40.000 euro. Il contributo è riconosciuto fino al compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo. Per il 2026 è previsto che questa estensione rimanga operativa, sebbene con modalità definite da un decreto attuativo del Ministero del lavoro e del MEF, di concerto con l’INPS.
L’intervento mira a non recidere il legame tra l’agevolazione e il nucleo familiare: il diritto non decade automaticamente in presenza di variazioni del numero di figli, purché l’evento — nascita, adozione o affidamento — rientri nei termini previsti. Le lavoratrici che acquisiscono il diritto nel corso del 2025 possono continuare a beneficiare del regime fino al 2026, a condizione che mantengano i requisiti.
Questo modello fa sì che il bonus mamme diventi una misura stabile, non più una mera elargizione temporanea. Il vincolo reddituale a 40.000 euro resta un criterio selettivo, utile a delimitare la platea. L’INPS e il Ministero del lavoro dovranno coordinare le istruzioni operative affinché le domande vengano valutate coerentemente con il nuovo periodo utile.
Le lavoratrici autonome rientrano tra i beneficiari, purché il reddito imponibile rientri sotto la soglia stabilita e siano madri di due o più figli. Per le dipendenti con almeno tre figli il beneficio è confermato fino al 2026, con continuità rispetto alla normativa 2024. Le condizioni per i rapporti di lavoro a termine, lavoro domestico e casi particolari saranno chiarite nella modulistica attuativa INPS.
Impatti fiscali, limiti e scenari applicativi
L’adozione del bonus mamme per il 2026 implica costi a carico del bilancio pubblico. Le stime parlano di centinaia di milioni di euro, visto che l’estensione alle lavoratrici con due figli amplia la platea. Per contenere le uscite è necessario che lo strumento mantenga vincoli chiari e meccanismi di applicazione trasparenti.
Il vincolo reddituale è fondamentale: il beneficio non spetta a lavoratrici con reddito imponibile superiore a 40.000 euro. Questo criterio esclude le fasce più elevate, concentrando il sostegno sulle classi medie. Per i nuclei con reddito inferiore la misura produce un risparmio certo sui contributi previdenziali, migliorando il rendimento netto del lavoro.
Un limite concreto è che il bonus non è assimilato a reddito ai fini ISEE, il che significa che non incide sulla fascia di accesso ad altre misure sociali. Questo elemento preserva l’effetto del sostegno evitando che esso pregiudichi altre agevolazioni.
Le modalità attuative sono decisive. È atteso che l’INPS renda disponibile un modulo di adesione e una piattaforma di gestione in cui le lavoratrici possano richiedere l’agevolazione. È probabile la necessità di autocertificazioni o dichiarazioni del datore di lavoro, con meccanismi simili a quelli già sperimentati nel 2024.
Fra i rischi c’è la complessità amministrativa: le PA, i datori e l’ente previdenziale devono sincronizzare le banche dati su contribuzione, reddito e famiglia. Errori possono provocare esclusioni ingiuste o ritardi nell’erogazione. Le lavoratrici dovranno controllare la documentazione e vigilare sull’effettiva erogazione del beneficio.
Lo spazio politico è sensibile: le modifiche al bonus mamme possono essere oggetto di emendamenti in Parlamento prima dell’approvazione finale della manovra. Qualsiasi variazione nella struttura o nei requisiti può cambiare l’impatto reale per migliaia di madri lavoratrici.
L’assetto che si sta delineando per il 2026 proietta il bonus mamme oltre la fase sperimentale. Se l’applicazione sarà coerente, la misura può consolidarsi come strumento stabile di sostegno per le famiglie con figli, ma tutto dipende da come il legislatore fisserà limiti, modalità e risorse.