Nuovi obblighi per gli amministratori nella crisi d’impresa: assetti, responsabilità e contromisure

Nuovi obblighi per gli amministratori nella crisi d’impresa assetti, responsabilità e contromisure (1)

Luca Antonelli

Ottobre 12, 2025

La riforma 2025 rafforza i doveri degli amministratori nelle situazioni di crisi aziendale, imponendo assetti adeguati e prevedendo nuove forme di responsabilità verso creditori, soci e società.

Quando l’impresa mostra segnali di difficoltà economica, gli amministratori devono agire con cautela e rapidità. La legge impone di predisporre assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati, capaci di rilevare precocemente la crisi. Se non lo fanno, espongono la società, i soci e i creditori a danni che possono essere imputati direttamente a loro.

Obbligo degli assetti adeguati e dovere di vigilanza

Il codice civile, con l’articolo 2086, stabilisce che l’imprenditore deve adottare senza indugio gli strumenti utili per superare la crisi e tutelare la continuità aziendale. Gli amministratori hanno il compito di predisporre assetti organizzativi, amministrativi e contabili che siano proporzionati alle dimensioni e al rischio dell’azienda. Se il sistema interno è inadeguato, può non emergere con tempestività lo stato di crisi.

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La responsabilità può essere solidale quando più amministratori operano insieme. – www.sanzioniamministrative.it

Il legislatore richiede che gli amministratori operino con diligenza qualificata: devono impostare procedure interne di monitoraggio, indicatori di allerta e meccanismi di reporting efficaci. I delegati gestori (amministratori delegati, direttori generali) hanno l’obbligo di riferire al consiglio la presenza di situazioni anomale; il consiglio deve valutare tali relazioni e, quando necessario, intervenire. Se i delegati omettono o falsificano informazioni, questa irregolarità non scarica la responsabilità sui deleganti, che restano tenuti ad agire in modo informato, richiedendo chiarimenti e verifiche.

Il concetto di vigilanza informata è centrale: ogni amministratore deve attivarsi per comprendere la situazione aziendale e partecipare alle decisioni con piena consapevolezza. Se mancano comunicazioni adeguate dai delegati, l’amministratore può richiederle o dissentire formalmente. In casi gravi, la responsabilità solidale può estendersi anche ai deleganti se non è provata la diligenza nel controllo.

Il nuovo contesto normativo introduce obblighi specifici in tema di crisi aziendale: gli assetti non sono un adempimento formale, ma strumento funzionale alla rilevazione tempestiva della crisi e al contenimento del dissesto. L’inazione, la sottovalutazione dei segnali e il ritardo nell’adozione degli strumenti previsti espongono gli amministratori a sanzioni di natura civile e patrimoniale.

La valutazione dell’adeguatezza degli assetti tiene conto del grado di complessità dell’impresa: un’impresa industriale con più linee prodotto richiede controlli e strutture diverse rispetto a una piccola impresa artigiana. L’adeguamento va dimostrato preventivamente, non solo dopo un contenzioso.

I sistemi di controllo endogeni (controllo interno, audit, compliance) giocano un ruolo essenziale: non è sufficiente delegare passivamente, serve verifica continua. Il dovere di vigilanza informata rende obbligatorio chiedere dati, analisi, scenari e alternative, e conservare traccia delle delibere con criteri di trasparenza documentale.

Il confine fra scelta imprenditoriale e responsabilità giuridica passa dalla ragionevolezza della decisione. Se l’amministratore ha agito secondo informazioni utili, con analisi e verifiche, anche una scelta che si riveli infruttuosa può restare legittima. Ma se manca un sistema di informazioni, se la decisione è presa “alla cieca”, il rischio di responsabilità è forte.

Se l’azienda entra in uno stato di crisi irreversibile, l’amministratore ha l’obbligo di attivare la procedura di liquidazione giudiziale piuttosto che protrarre l’attività con dati negativi: continuare a operare può aggravare il dissesto e aggravare il danno ai creditori.

Responsabilità verso società, creditori e soci

Quando mancano assetti adeguati o l’amministratore agisce in ritardo, emergono tre linee di responsabilità: verso la società, verso i creditori sociali, verso i soci o terzi.

Verso la società l’azione di responsabilità può essere promossa dall’assemblea o dal collegio sindacale, con delibera qualificata. L’amministratore deve rispondere di violazioni dei doveri di legge o dello statuto, con il criterio della diligenza del mandatario. Il danno deve essere provato, così come il nesso causale fra condotta e pregiudizio.

Verso i creditori sociali, la responsabilità può emergere quando il patrimonio aziendale diventa insufficiente a soddisfare i loro crediti: in questi casi basta la cattiva gestione, non serve una normativa speciale. Il danno riflesso subito dai creditori dipende dall’inadeguatezza dell’operato che ha compromesso la capacità di soddisfare i debiti.

Verso i soci o terzi, l’amministratore risponde in via individuale se compie atti colposi o dolosi che ledono diritti altrui. L’azione può essere esperita entro cinque anni dal compimento dell’atto lesivo.

La responsabilità può essere solidale quando più amministratori operano insieme: chi agisce può essere chiamato a rispondere dell’intero danno, salvo rivalsa interna. Ciò vale anche per deleganti e delegati, se non è dimostrata la separazione delle responsabilità.

La gravità delle sanzioni aumenta in situazioni di crisi conclamata: la diligenza cambia. Non ci si attende un comportamento orientato al massimo profitto, bensì uno orientato alla conservazione del patrimonio aziendale e alla tutela dei creditori. L’amministratore che ritarda decisioni importanti come la ristrutturazione o il ricorso agli strumenti concorsuali può essere chiamato a rispondere del danno aggravato.

In casi estremi l’amministratore che protrae la crisi o agisce artatamente per ritardare procedure concorsuali incide su responsabilità aggravate. Chi induce deterioramento del patrimonio, attua manovre elusive o fittizie, configura comportamenti che la legge mira a sanzionare con maggiore severità.

L’intersezione fra normativa sulla crisi d’impresa e responsabilità degli amministratori segna un salto di rigore. Le imprese che anticipano misure preventive e affidano la governance a strutture di controllo interno avranno maggior tutela. Gli amministratori dovranno sempre dimostrare le ragioni della scelta, come pure aver attivato verifiche continue, consapevoli che oggi anche una gestione cui non segue un disastro non esime dall’onere della prova.