L’ultima relazione di Bankitalia fotografa una situazione in peggioramento per famiglie e imprese: tassi ancora alti, richieste in calo e sempre meno mutui concessi ai giovani.
L’Italia si trova in una fase delicata sul fronte del credito bancario. L’ultima relazione di Bankitalia mostra che, nonostante la lieve discesa dei tassi rispetto al 2024, l’accesso ai prestiti resta complesso, in particolare per le famiglie giovani e per le piccole imprese. Le banche, frenate dall’aumento dei rischi e dalle nuove regole europee, continuano a mantenere criteri di concessione più severi, penalizzando chi non ha garanzie solide o redditi stabili.
Nel corso del 2025, i tassi medi sui mutui casa si sono attestati intorno al 4,3%, contro il 3,8% dello scorso anno. I prestiti al consumo hanno superato il 9%, mentre i finanziamenti alle imprese sono cresciuti del 5%. La conseguenza è un calo delle nuove richieste e una crescente difficoltà per molti nuclei familiari nel sostenere rate e debiti pregressi.
Mutui più costosi e domanda in calo: la fotografia del 2025
I dati raccolti da Bankitalia indicano che il numero di mutui erogati nei primi otto mesi del 2025 è diminuito del 12% rispetto allo stesso periodo del 2024. La riduzione è più forte nel Sud e nelle aree periferiche del Centro Italia, dove il reddito medio resta basso e le garanzie richieste dagli istituti di credito sono più rigide. Le banche privilegiano i profili considerati “sicuri”: dipendenti pubblici, lavoratori a tempo indeterminato e clienti con un pregresso positivo.

Per i giovani under 35, la situazione è ancora più difficile. Solo un mutuo su dieci viene approvato a chi ha meno di 30 anni. L’aumento dei prezzi delle case, unito alla precarietà lavorativa, rende quasi impossibile affrontare l’acquisto di un immobile senza un sostegno familiare diretto. Gli esperti parlano di “generazione bloccata”, incapace di progettare il futuro a causa dell’accesso limitato al credito e del costo crescente della vita.
Le famiglie italiane hanno risposto al rialzo dei tassi riducendo la domanda di nuovi finanziamenti e concentrandosi sul rimborso di quelli già in corso. Le surroghe, che avevano vissuto un boom tra il 2020 e il 2022, sono crollate ai minimi storici. La maggior parte dei clienti preferisce mantenere i mutui a tasso fisso stipulati in anni più favorevoli, evitando qualsiasi variazione che comporti rischi o costi aggiuntivi.
Sul fronte delle imprese, la situazione non è molto diversa. Le piccole e medie aziende faticano a ottenere credito per investimenti, in particolare nei settori dell’artigianato e del commercio al dettaglio. Bankitalia segnala che la stretta creditizia potrebbe rallentare la ripresa economica, già messa alla prova da inflazione e aumento dei costi energetici.
I rischi per il 2026 e le possibili contromisure del governo
Le prospettive per il 2026 restano incerte. Bankitalia prevede una lieve flessione dei tassi, ma non sufficiente a invertire la tendenza. Se il costo del denaro resterà elevato, il rischio è una riduzione degli investimenti e un’ulteriore frenata del mercato immobiliare. Il governo, da parte sua, sta valutando nuove misure per favorire l’accesso al credito dei giovani, come la garanzia statale estesa fino all’80% del valore del mutuo per le prime case e incentivi fiscali per chi sceglie il tasso variabile con tetto massimo.
Le banche, dal canto loro, chiedono maggiore flessibilità regolatoria e una revisione delle soglie di rischio imposte a livello europeo. Alcuni istituti stanno già sperimentando forme di credito “ibrido”, basate su analisi di dati digitali e reputazione creditizia online, per valutare meglio l’affidabilità dei clienti privi di storico bancario.
Nel frattempo, cresce l’uso di piattaforme fintech, che offrono prestiti alternativi a condizioni più agili ma spesso con tassi più elevati. Anche il settore del leasing immobiliare mostra segnali di ripresa, con un +8% rispetto al 2024, favorito da contratti più flessibili e procedure interamente digitali.
Secondo Bankitalia, la chiave per evitare una nuova stagnazione sta nel garantire liquidità sostenibile, evitando sia l’eccesso di prudenza degli istituti di credito sia la spirale di indebitamento delle famiglie. In un Paese dove la casa resta il principale bene rifugio, la stretta sul credito rischia di ampliare le disuguaglianze generazionali e territoriali.
Il 2025 chiuderà con una finanza domestica più fragile, ma anche con una consapevolezza nuova: per far ripartire il sistema serve fiducia, e non solo tassi più bassi.