La prossima manovra finanziaria si prepara a introdurre una nuova sanatoria fiscale, la rottamazione quinquies, che promette di rivoluzionare il rapporto tra contribuenti e fisco.
Ma questa volta il quadro si fa più rigido: le indiscrezioni parlano di un intervento selettivo, molto più restrittivo rispetto alle precedenti edizioni, con l’obiettivo di contenere la spesa pubblica e contrastare l’abitudine di alcuni debitori a sfruttare queste misure in modo sistematico. L’idea che si sta delineando presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze è quella di una pace fiscale che alleggerisca solamente determinati tipi di carichi tributari, evitando condoni generalizzati ma offrendo una possibilità concreta a chi si è trovato in difficoltà temporanee.
Le valutazioni economiche che plasmano la nuova rottamazione
Al centro del dibattito rimane il nodo cruciale del costo per le casse statali. Riproporre una rottamazione ampia come quella del 2023 («rottamazione quater») significherebbe affrontare un impatto stimato attorno ai 5 miliardi di euro, una cifra che risulta difficile da sostenere in un periodo di attenta gestione del bilancio pubblico. Il MEF cerca una formula che permetta di alleggerire il peso delle cartelle esattoriali, ma con un occhio vigile alla sostenibilità economica complessiva.

Tra le ipotesi che emergono vi è quella di limitare la nuova rottamazione ai soli debiti derivanti da imposte già dichiarate ma non versate, concentrandosi su quei gravami affidati ai concessionari della riscossione che non si accompagnano a contestazioni più approfondite. In questo modo, le risorse pubbliche potrebbero essere destinate in modo mirato a riconoscere situazioni di difficoltà reali, senza perdere la bussola in un sistema che deve tutelare anche i contribuenti corretti.
Si percepisce, inoltre, che la strategia del Governo punta a evitare il ripetersi di schemi preoccupanti visti con le sanatorie passate, dove si è assistito a un certo fenomeno di “debitori seriali” che hanno spesso rimandato i pagamenti confidando in future cancellazioni, mettendo a rischio la credibilità dell’intero sistema fiscale.
Un aspetto che emerge con chiarezza è la volontà di trasformare la rottamazione quinquies in uno strumento che non premi chi ha sistematicamente eluso i doveri tributari ma offra una chance a chi, pur rimanendo nelle regole, ha incontrato momenti di difficoltà.
Un intervento mirato ai debiti da avvisi bonari e controlli formali
Le ultime notizie su questa misura indicano un taglio netto nelle tipologie di debiti coinvolti. La rottamazione potrebbe riguardare esclusivamente i carichi derivanti da avvisi bonari non pagati, vale a dire quelle somme notificate ai contribuenti con la possibilità di regolarizzare senza sanzioni né interessi entro certi termini, ma che per varie ragioni sono rimaste insolute.
Inoltre, l’ambito dovrebbe comprendere i debiti emersi da controlli formali, quelle verifiche sui dati dichiarati dall’Agenzia delle Entrate che spesso portano a richieste supplementari di imposte. Questa scelta sancirebbe un netto confine tra le posizioni più lievi e quelle accertate tramite controlli più approfonditi, escluse dalla definizione agevolata.
Infatti, le imposte risultanti da avvisi di accertamento esecutivi, emessi dopo indagini più dettagliate e contestazioni precise da parte dell’amministrazione finanziaria, rimarrebbero escluse dalla rottamazione quinquies, togliendo così la possibilità di sanare in modo agevolato i contenziosi più complessi e controversi.
Questa linea selettiva cerca di preservare la solidità del sistema fiscale, ribadendo che la definizione agevolata non deve diventare un mezzo per compensare omissioni gravi o comportamenti reiterati di evasione.
Un’ulteriore conseguenza potrebbe essere una maggiore chiarezza e trasparenza nel rapporto tra il contribuente e il fisco, dando spazio a una sanatoria che agisce esclusivamente su posizioni certe e «non contestate» in modo formale.
Il difficile equilibrio tra equità per i contribuenti e tutela delle finanze pubbliche
La rottamazione quinquies si presenta come un tentativo di mediazione tra due esigenze in tensione: da una parte, la necessità di dare sollievo a chi ha affrontato problemi momentanei nell’onorare il proprio debito fiscale; dall’altra, la volontà di salvaguardare le entrate pubbliche fondamentali al funzionamento dello Stato.
Limitare la sanatoria alle imposte dichiarate ma non versate potrebbe rappresentare una linea di pragmatismo, evitando aperture troppo ampie che in passato hanno eroso la disciplina fiscale e incentivato comportamenti opportunistici. La misura potrebbe inoltre contribuire a rinsaldare un rapporto di fiducia con i cittadini, mostrando la capacità delle istituzioni di offrire strumenti di regolarizzazione trasparenti e mirati.
Rimane però aperto il tema dei dettagli operativi: il modo in cui verranno definite le modalità di adesione, i limiti temporali, le rateazioni disponibili e le possibili riduzioni sulle somme da pagare saranno elementi decisivi per la riuscita dell’intervento e saranno svelati solo con l’approvazione definitiva della legge di Bilancio 2026.
Nel frattempo, il confronto tra istanze politiche e analisi tecniche continua ad animare il dibattito, tra posizioni che vogliono ampliare la platea dei beneficiari e chi sottolinea l’importanza di tenere saldo il controllo sulle finanze pubbliche per non compromettere la stabilità del sistema fiscale.