Telegram e la libertà in pericolo: Durov contro le democrazie che vogliono controllare tutto

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Luca Antonelli

Ottobre 18, 2025

Il fondatore di Telegram denuncia la deriva delle democrazie moderne, accusate di limitare la libertà di espressione con le stesse logiche dei governi autoritari.

La libertà online non è più scontata. A dirlo è Pavel Durov, fondatore di Telegram, che torna a criticare apertamente i governi occidentali, accusandoli di esercitare una forma di censura sempre più pervasiva. Durante una recente intervista rilasciata a margine di un incontro in Medio Oriente, Durov ha definito “ipocrita” l’atteggiamento delle democrazie che, pur proclamando libertà e trasparenza, “applicano restrizioni degne dei regimi che dicono di combattere”.
Parole dure, che arrivano dopo le indagini avviate da alcuni Stati europei su Telegram per la gestione dei contenuti illegali e delle chat anonime. L’imprenditore russo, che da anni vive all’estero, sostiene che le autorità stiano utilizzando la sicurezza come pretesto per controllare il flusso di informazioni. “Quando i governi decidono cosa è accettabile leggere o dire,” ha spiegato, “la libertà è già agli sgoccioli”.

Le accuse di Durov e la reazione dei governi

Durov non è nuovo a prese di posizione forti. Già in passato aveva denunciato le pressioni di Mosca per ottenere i dati degli utenti, rifiutandosi di collaborare e lasciando la Russia nel 2014. Oggi, però, le sue critiche si concentrano sull’Europa e sugli Stati Uniti, accusati di spingere verso un modello di “democrazia sorvegliata”.

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La domanda rimane aperta: il controllo serve davvero a proteggerci o a renderci più docili?. – sanzioniamministrative.it


Le tensioni sono cresciute negli ultimi mesi, soprattutto dopo che la Commissione Europea ha chiesto maggiore trasparenza alle piattaforme di messaggistica, in linea con il nuovo Digital Services Act. Secondo Durov, queste norme rischiano di aprire la strada a una forma di controllo politico mascherato da tutela della sicurezza pubblica.
Il fondatore di Telegram ha parlato di un “nuovo tipo di censura”, meno visibile ma altrettanto efficace, basata sul potere delle grandi aziende tecnologiche e sulla collaborazione con gli Stati. “Non serve più bruciare i libri — ha dichiarato — basta nascondere i messaggi che non piacciono a chi comanda”.
Le sue parole hanno scatenato reazioni contrastanti. Alcuni osservatori le considerano un richiamo necessario ai principi di libertà digitale; altri le giudicano un tentativo di difendere Telegram dalle accuse di ospitare contenuti illegali. In particolare, i governi di Francia e Germania hanno chiesto alla piattaforma maggiore collaborazione per contrastare la disinformazione e i canali estremisti.
Il dibattito resta aperto: fin dove può spingersi lo Stato nella regolazione dei contenuti online senza trasformare la sicurezza in censura?

Libertà digitale e doppie morali: un tema globale

Dietro lo scontro tra Durov e le istituzioni europee si nasconde una questione più ampia: il destino della libertà digitale. Con l’aumento delle normative sul controllo dei dati e la disinformazione, il confine tra sicurezza e libertà d’espressione si fa sempre più sottile.
Lo sappiamo, le piattaforme digitali sono oggi il principale spazio di confronto pubblico. Ma proprio per questo, sono diventate anche terreno di battaglia politica. Le accuse di Durov arrivano in un momento in cui l’Europa sta rafforzando le regole contro i contenuti illegali online, chiedendo alle aziende di intervenire in modo più rapido e deciso. Una scelta che, se da un lato tutela gli utenti, dall’altro introduce una forma di sorveglianza algoritmica che rischia di limitare la pluralità delle opinioni.
“Chi decide cosa è vero?” si è chiesto Durov nel suo intervento, criticando la tendenza a delegare la selezione delle informazioni a società private o a governi. Il suo è un appello alla responsabilità individuale, un invito a difendere la libertà di parola anche quando è scomoda.
Molti analisti notano che la denuncia del fondatore di Telegram coincide con un momento delicato per le democrazie occidentali, sempre più divise sul rapporto tra tecnologia e diritti. Eppure, non a caso, il tema sollevato da Durov tocca un nervo scoperto: la possibilità che la libertà digitale, una volta data per certa, stia lentamente erodendo sotto il peso della regolamentazione.

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