Bonus in busta paga da restituire: ecco chi dovrà ridare i soldi al Fisco nel 2025

Bonus in busta paga da restituire ecco chi dovrà ridare i soldi al Fisco nel 2025 (1)

Luca Antonelli

Ottobre 19, 2025

L’Agenzia delle Entrate chiarisce i casi in cui i lavoratori dovranno restituire i bonus ricevuti in busta paga. Ecco le istruzioni ufficiali e chi rischia il rimborso.

Negli ultimi mesi molti lavoratori si sono accorti di ricevere in busta paga importi più bassi del previsto. In diversi casi, la riduzione è dovuta alla restituzione di bonus fiscali percepiti in eccesso durante l’anno. L’Agenzia delle Entrate ha infatti chiarito che alcuni contributi, come il trattamento integrativo o il bonus Irpef, possono dover essere restituiti se, al termine dei controlli, risultano erogati a chi non ne aveva pieno diritto.
Il conguaglio di fine anno serve proprio a verificare la corretta applicazione delle agevolazioni, confrontando i redditi effettivamente percepiti con quelli dichiarati a inizio anno. In caso di superamento delle soglie di reddito o errori nei calcoli, il datore di lavoro è tenuto a trattenere le somme dovute direttamente nella busta paga successiva.

I casi più frequenti di restituzione e cosa controlla il Fisco

Il principale bonus soggetto a restituzione è il trattamento integrativo dei redditi da lavoro dipendente, introdotto per sostituire il precedente “bonus Renzi”. L’agevolazione prevede un importo massimo di 100 euro al mese, riconosciuto in automatico ai lavoratori con redditi fino a 15.000 euro, e parzialmente anche a chi guadagna fino a 28.000.
Se però, durante l’anno, il reddito complessivo supera i limiti previsti – ad esempio per straordinari, premi o nuovi contratti – il lavoratore perde il diritto all’incentivo e deve restituire le somme percepite in eccesso. Lo stesso vale per il bonus Irpef legato alle detrazioni fiscali, calcolato su parametri che possono cambiare a seconda della situazione familiare.

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L’Agenzia ha pubblicato sul proprio portale una sezione dedicata con esempi pratici. – www.sanzioniamministrative.it


Il Fisco ha ricordato che la restituzione non è una sanzione, ma un riequilibrio automatico previsto dalla legge. In pratica, l’azienda agisce come sostituto d’imposta, trattenendo l’importo in busta paga o indicandolo nel modello CU.
Le verifiche vengono effettuate anche sui lavoratori che hanno percepito più redditi da diversi datori di lavoro o che hanno alternato periodi di disoccupazione e impiego nello stesso anno fiscale. In questi casi, il rischio di superare le soglie è più alto e spesso il recupero delle somme avviene al momento della dichiarazione dei redditi.

Come controllare la propria posizione e regolarizzare eventuali differenze

L’Agenzia delle Entrate consiglia ai contribuenti di controllare attentamente la propria Certificazione Unica (CU) e i cedolini paga di dicembre, dove viene indicato l’eventuale importo da restituire. Se l’azienda non riesce a recuperare tutto in un’unica volta, l’importo residuo verrà sottratto nelle mensilità successive o potrà essere versato tramite modello F24.
Chi presenta il modello 730 potrà invece autoliquidare la differenza, evitando ulteriori trattenute. In alcuni casi, l’importo da restituire può essere compensato con crediti d’imposta o rimborsi fiscali futuri.
L’Agenzia ha pubblicato sul proprio portale una sezione dedicata con esempi pratici di calcolo e simulazioni per determinare se si rientra nelle soglie previste. È anche possibile richiedere assistenza diretta presso i CAF o tramite il servizio online “FiscoOnline”.
Gli esperti suggeriscono di monitorare i propri redditi nel corso dell’anno, soprattutto se si ricevono compensi accessori o premi di produttività. Già diversi sindacati hanno chiesto al governo di introdurre un sistema di aggiornamento automatico per evitare questi conguagli a sorpresa che, in molti casi, pesano sui bilanci familiari di fine anno.
Il Fisco, dal canto suo, ha ribadito che le regole resteranno invariate anche nel 2026. Chi percepisce importi non dovuti dovrà restituirli, ma potrà farlo in modo rateale per non gravare eccessivamente sulla busta paga. Un richiamo alla prudenza che riguarda milioni di lavoratori italiani e che conferma quanto sia importante tenere sotto controllo ogni dettaglio fiscale per evitare spiacevoli sorprese.

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