Cedolare secca 2026, cambia tutto: affitti brevi tassati al 26% anche per chi affitta una sola casa

Cedolare secca 2026, cambia tutto affitti brevi tassati al 26% anche per chi affitta una sola casa (1)

Luca Antonelli

Ottobre 21, 2025

La nuova Legge di Bilancio introduce un regime fiscale più rigido per host e piattaforme come Airbnb e Booking.

Dal 1° gennaio 2026 cambia la tassazione sugli affitti brevi: la cedolare secca sale dal 21 al 26 per cento, cancellando la distinzione tra chi affitta una sola abitazione e chi ne gestisce più di una. È quanto stabilito dalla bozza della Legge di Bilancio 2026, che introduce un regime fiscale unico per tutti i proprietari e per le piattaforme di intermediazione, come Airbnb e Booking, chiamate ad applicare una ritenuta più elevata sui corrispettivi versati agli host.

Si tratta di un intervento atteso da tempo e destinato ad avere un forte impatto sul mercato immobiliare, soprattutto nelle grandi città turistiche dove gli affitti brevi rappresentano una fonte di reddito diffusa. L’obiettivo dichiarato del Governo è limitare il fenomeno delle locazioni turistiche e riportare parte del patrimonio immobiliare verso l’affitto di lungo periodo, cercando al tempo stesso di armonizzare la tassazione tra proprietari di prima e seconda casa.

Cedolare secca al 26 per cento per tutti gli affitti brevi

La norma contenuta nella Manovra 2026 modifica quanto stabilito dal decreto legge n. 50 del 2017, che aveva introdotto un doppio binario fiscale: fino a oggi, infatti, chi concedeva in affitto una sola abitazione per periodi inferiori ai 30 giorni poteva usufruire dell’aliquota agevolata del 21 per cento, mentre per chi gestiva più immobili la tassazione era già fissata al 26 per cento.

Cedolare secca 2026, cambia tutto affitti brevi tassati al 26% anche per chi affitta una sola casa (2)
La decisione ha già suscitato reazioni contrastanti. – sanzioniamministrative.it

Dal prossimo anno questa distinzione verrà eliminata, e l’imposta sarà uniformata al 26 per cento per tutti. La misura, se confermata nel testo definitivo della legge, metterà fine a una disparità che negli ultimi anni aveva generato non pochi dibattiti tra professionisti del settore e intermediari digitali.

La nuova aliquota si applicherà quindi a tutti i redditi derivanti da locazioni brevi, indipendentemente dal numero di immobili posseduti. In altre parole, anche chi affitta una sola stanza o un piccolo appartamento per pochi giorni al mese dovrà versare la stessa aliquota prevista per chi gestisce più proprietà.

Una scelta che il Ministero dell’Economia motiva con l’esigenza di “semplificare e razionalizzare il sistema fiscale” ma che, di fatto, rende più onerosa la gestione di questa tipologia di locazioni. Secondo le prime stime, la misura potrebbe portare nelle casse dello Stato circa 350 milioni di euro annui, ma al prezzo di una riduzione del numero di annunci disponibili sulle piattaforme online, specie nelle località a forte vocazione turistica.

La “tassa Airbnb” sale al 26%: nuovi obblighi per portali e intermediari

Le novità non riguardano solo i proprietari. La Legge di Bilancio 2026 interviene anche sugli intermediari e sulle piattaforme di prenotazione, introducendo un aumento della ritenuta fiscale che dovranno applicare quando incassano il canone per conto degli host.

Dal 1° febbraio 2026, la ritenuta passerà dal 21 al 26 per cento, e varrà come imposta sostitutiva se il locatore sceglierà il regime della cedolare secca, o come acconto IRPEF in caso di tassazione ordinaria. La misura coinvolge quindi direttamente Airbnb, Booking, Vrbo e tutte le piattaforme che intermediano affitti brevi, costrette a modificare i propri sistemi di pagamento e rendicontazione per adeguarsi alle nuove regole.

Quello che molti hanno già ribattezzato come un aumento della “tassa Airbnb” potrebbe ridurre la convenienza economica per chi affitta immobili a uso turistico. Gli host, soprattutto quelli con una sola abitazione, rischiano di subire una riduzione del margine netto, mentre le piattaforme dovranno farsi carico di un numero maggiore di adempimenti fiscali.

La decisione ha già suscitato reazioni contrastanti. Il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, ha definito la misura “una stretta improvvisa e penalizzante”, sostenendo che “colpire gli affitti brevi non risolve il problema dell’offerta abitativa, ma rischia solo di danneggiare il turismo e i piccoli proprietari”. Dalla parte opposta, alcune associazioni di inquilini e Comuni turistici hanno accolto con favore l’aumento, ritenendolo uno strumento utile per contenere la crescita dei prezzi e favorire gli affitti di lungo periodo.

Il dibattito si preannuncia acceso anche in Parlamento, dove la norma potrebbe subire modifiche durante l’iter di approvazione della legge. Restano infatti da definire alcuni dettagli tecnici, tra cui il meccanismo di compensazione per i contratti già in corso e le modalità di versamento della ritenuta per gli intermediari stranieri.

Quel che è certo è che, salvo cambiamenti, dal 1° gennaio 2026 la cedolare secca sugli affitti brevi sarà al 26 per cento per tutti, senza più eccezioni. Un passaggio che segna la fine di un’epoca per il mercato delle locazioni turistiche in Italia, sempre più regolamentato e fiscalmente equiparato agli altri redditi immobiliari.

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