La Legge di Bilancio 2026 chiude definitivamente Quota 103 e Opzione Donna, confermando solo Ape Sociale e bonus Maroni come misure per l’uscita anticipata.
Con la Legge di Bilancio 2026, il Governo cambia rotta sulle pensioni anticipate. Nel testo approvato in Consiglio dei Ministri il 18 ottobre non compare alcun rinnovo per Quota 103 e Opzione Donna, due strumenti che negli ultimi anni avevano permesso a migliaia di lavoratori di lasciare il lavoro prima dei limiti ordinari. L’obiettivo dichiarato è contenere la spesa pubblica e rendere più sostenibile il sistema previdenziale in un Paese che invecchia rapidamente.
Il documento bollinato dal Ministero dell’Economia conferma, invece, la proroga dell’Ape Sociale e del bonus Maroni, che restano gli unici canali per accedere alla pensione in anticipo nel 2026.
Indice
Cosa cambia con l’addio a Quota 103 e Opzione Donna
La mancata conferma di Quota 103 segna la fine del principale canale di uscita anticipata per i lavoratori dipendenti. Fino al 2025, la misura consentiva di andare in pensione con 62 anni di età e 41 anni di contributi. Dal 2024 erano già state introdotte penalizzazioni sul calcolo dell’assegno, riducendo l’importo mensile percepito. Ora, con la nuova Manovra, arriva la cancellazione definitiva.
Il Governo punta a limitare le uscite anticipate per “mitigare gli effetti dell’invecchiamento della popolazione sulla crescita potenziale e sulla sostenibilità di bilancio”. Nel 2026, dunque, chi non avrà raggiunto i 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 per le donne) dovrà attendere i requisiti ordinari.

Lo stesso destino tocca a Opzione Donna, la misura riservata alle lavoratrici caregiver, licenziate o invalide al 74%. Negli ultimi due anni era stata già ristretta a una platea più ridotta e con età di accesso aumentata a 61 anni. La Legge di Bilancio 2026 non ne prevede il rinnovo, segnando la chiusura di uno strumento che, per lungo tempo, aveva rappresentato una via di uscita anticipata per le donne in difficoltà lavorativa o familiare.
Con l’addio a entrambe le misure, il quadro previdenziale cambia in modo netto: meno flessibilità in uscita, più rigore nei criteri e un sistema che torna a concentrarsi sulle formule ordinarie di pensionamento.
Ape Sociale e bonus Maroni: gli unici canali anticipati nel 2026
L’unico canale confermato resta l’Ape Sociale, riservata a chi svolge lavori gravosi o rientra in categorie fragili. Potranno accedervi i dipendenti con almeno 63 anni e 5 mesi di età, non ancora in possesso dei requisiti per la pensione ordinaria, e con 30 anni di contributi (36 per i lavori pesanti).
Rientrano tra i beneficiari gli invalidi civili al 74%, i caregiver familiari che assistono da almeno sei mesi e i disoccupati che hanno terminato la NASpI. Per le madri lavoratrici è prevista una riduzione di un anno per figlio, fino a un massimo di due anni, sui requisiti contributivi.
La misura continuerà a funzionare come accompagnamento alla pensione di vecchiaia, con importi mensili calcolati in base all’ultimo stipendio.
Accanto all’Ape Sociale, viene confermato anche il bonus Maroni, noto anche come bonus Giorgetti, l’incentivo per chi sceglie di restare al lavoro nonostante abbia già maturato i requisiti per la pensione anticipata. Il bonus riconosce una maggiorazione dello stipendio netto, pari ai contributi previdenziali che il datore di lavoro avrebbe versato all’INPS. Potranno beneficiarne i lavoratori con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 per le donne).
Con queste decisioni, il Governo punta a una razionalizzazione del sistema pensionistico, privilegiando la sostenibilità rispetto alla flessibilità. Non si escludono, però, emendamenti durante il passaggio parlamentare del DdL, anche se al momento la direzione appare tracciata.
La cancellazione di Quota 103 e Opzione Donna segna la fine di un periodo di deroghe e aperture sperimentali. Dal 2026 il percorso verso la pensione sarà più lineare, ma anche più rigido, in linea con le indicazioni europee sulla stabilità dei conti pubblici e la tenuta del welfare nazionale.
