Vendita casa, la Cassazione sorprende: atto valido anche se la dichiarazione è falsa

Vendita casa 2025, la Cassazione sorprende atto valido anche se la dichiarazione è falsa (2)

Luca Antonelli

Ottobre 25, 2025

Una sentenza destinata a far discutere ribalta le regole del mercato: la Corte di Cassazione ha stabilito che un contratto di compravendita resta valido anche se la dichiarazione di conformità catastale è falsa, purché l’errore non sia evidente. Una decisione che tutela la forma più della sostanza e sposta il rischio sull’acquirente.

Una nuova sentenza della Corte di Cassazione introduce un principio destinato a cambiare le regole della compravendita immobiliare. Con la sentenza n. 27531 del 15 ottobre 2025, la Seconda Sezione civile ha stabilito che un atto di vendita resta valido anche quando la dichiarazione catastale contenuta al suo interno è falsa, purché la falsità non sia evidente. È un orientamento che segna una svolta, poiché fino a oggi la corrispondenza tra immobile e dati catastali era considerata un requisito sostanziale per la validità del contratto.

Il caso giudiziario nasce dal ricorso di un promissario acquirente contro una precedente sentenza della Corte d’Appello, che aveva bloccato il trasferimento dell’immobile per presunte difformità catastali. I giudici supremi, invece, hanno deciso di accogliere il ricorso, confermando che la validità del contratto non dipende dalla veridicità dei dati ma solo dalla presenza formale della dichiarazione nell’atto notarile. Un principio che si fonda sull’articolo 29, comma 1-bis, della legge 52/1985, come modificato dal decreto-legge 78/2010, dove si parla di un obbligo puramente formale e non sostanziale.

Nullità formale o sostanziale: la Cassazione cambia prospettiva

Secondo la Cassazione, la nullità prevista dalla legge 52/1985 ha natura “formale e testuale”. Ciò significa che un contratto di compravendita immobiliare può essere annullato soltanto quando manca del tutto la dichiarazione di conformità catastale, non quando questa risulta falsa o inesatta. I giudici hanno voluto distinguere tra la forma legale dell’atto e la veridicità del contenuto, chiarendo che l’obiettivo della norma è di tipo fiscale e non di tutela diretta dell’acquirente.

Vendita casa 2025, la Cassazione sorprende atto valido anche se la dichiarazione è falsa (1)
Nel caso in cui emerga una falsità evidente, l’acquirente non può chiedere l’annullamento dell’atto. – sanzioniamministrative.it

La disposizione, infatti, fu introdotta per far emergere gli immobili fantasma e per correggere le difformità catastali che potevano danneggiare l’erario. Di conseguenza, la sanzione di nullità riguarda solo la mancanza della dichiarazione, non la sua falsità. Questo approccio implica che anche un immobile con una planimetria errata o una rendita catastale non aggiornata possa essere regolarmente venduto, se il venditore ha comunque inserito la dichiarazione richiesta dalla legge.

Il principio si estende anche all’articolo 2932 del codice civile, relativo all’esecuzione in forma specifica del contratto preliminare. In questi casi, il giudice deve soltanto verificare che l’atto contenga la dichiarazione di conformità, ma non ha l’obbligo di accertare la reale corrispondenza dei dati catastali con la situazione effettiva dell’immobile.

Un’interpretazione che semplifica la forma ma apre interrogativi sulla sostanza: la buona fede dell’acquirente rischia di non essere più protetta in modo adeguato, lasciando spazio a comportamenti elusivi o poco trasparenti da parte dei venditori.

Le conseguenze per chi compra e per chi dichiara il falso

La sentenza, se da un lato riduce le ipotesi di nullità formale, dall’altro introduce nuovi rischi per chi compra. Il contratto di vendita resta valido anche se la dichiarazione catastale è falsa. Chi ha rilasciato la dichiarazione mendace – che sia il venditore o un tecnico incaricato – potrà essere perseguito per falso ideologico o per danni civili, ma l’atto continuerà a produrre effetti giuridici. In pratica, l’acquirente diventa proprietario a tutti gli effetti, anche se l’immobile non corrisponde a quanto dichiarato nei documenti.

Questo scenario solleva non poche perplessità tra gli esperti del settore, che vedono un pericoloso spostamento del rischio verso l’acquirente. Chi compra casa dovrà moltiplicare le verifiche preventive, rivolgendosi a geometri, architetti o notai per accertare la reale conformità dell’immobile. La legge, però, non obbliga il giudice o il notaio a controllare la veridicità dei dati catastali: ciò significa che la responsabilità pratica ricade quasi interamente sul compratore.

Nel caso in cui emerga una falsità evidente, l’acquirente non può chiedere l’annullamento dell’atto, ma solo il risarcimento dei danni. Un’azione che comporta costi legali e tempi lunghi, oltre alla difficoltà di dimostrare la malafede del venditore. Si crea così un sistema in cui la forma giuridica prevale sulla tutela sostanziale, minando la fiducia in un mercato già complesso come quello immobiliare italiano.

Per i venditori, la situazione è più vantaggiosa: una volta conclusa la compravendita, il trasferimento resta valido e l’immobile cambia proprietario. Solo in un secondo momento potrà essere avviata un’azione civile o penale contro chi ha fornito informazioni false.

Gli osservatori del settore immobiliare avvertono che questa pronuncia potrebbe aprire la strada a pratiche poco trasparenti e ad abusi. Pur non legittimando il falso, la sentenza sposta il baricentro della responsabilità, creando un sistema in cui chi compra deve vigilare con maggiore attenzione, mentre chi vende può limitarsi al rispetto formale della norma.

Una svolta che, se non accompagnata da controlli più stringenti e da una revisione delle procedure notarili, rischia di indebolire la fiducia tra le parti e di complicare ulteriormente il percorso di chi cerca casa in un mercato già fragile.

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