Foreste italiane mai così ricche: piantati oltre 3 milioni di alberi e cresce il capitale verde

Foreste italiane mai così ricche piantati oltre 3 milioni di alberi e cresce il capitale verde (1)

Luca Antonelli

Novembre 4, 2025

In molte piazze e nei cantieri verdi delle città si vedono giovani alberi già sistemati con tutori e pacciamatura: è il segno più visibile di una spinta nazionale verso il rimboschimento. Secondo il rapporto che fotografa l’azione sul campo, l’Italia ha messo a dimora oltre 3 milioni di alberi nel 2024, un passaggio che interessa spazi urbani ed extraurbani e che sta ridisegnando alcuni quartieri e paesaggi periurbani.

Una spinta significativa dal verde urbano

La crescita del numero di piantine non è solo un gesto simbolico: i numeri mostrano una dinamica sostenuta, con un aumento del 31% in un anno e una superficie coinvolta pari a quasi 4 mila ettari. Lo studio traduce questi interventi in valore economico, stimando che l’investimento in capitale naturale produca benefici misurabili: oltre 20 milioni di euro l’anno in servizi ecosistemici per ciascuno degli anni di vita degli impianti. Chi passa davanti ai nuovi filari lo nota: ombra, meno polvere e un diverso senso dello spazio pubblico.

Foreste italiane mai così ricche piantati oltre 3 milioni di alberi e cresce il capitale verde (2)
La crisi climatica aumenta il rischio: siccità più frequenti e ondate di calore rendono necessario un approccio diverso alla selezione delle specie. – sanzioniamministrative.it

La messa a dimora è il primo atto, ma l’effetto si costruisce nel tempo. I tecnici lo ricordano spesso: non basta piantare una quercia o un primo acero, bisogna progettare il contesto, scegliere specie adatte e prevedere cura e manutenzione. Un dettaglio che molti sottovalutano riguarda la scelta del portinnesto e la compatibilità con il suolo locale; è lì che si gioca la sopravvivenza delle piante.

Il Rapporto, redatto da organizzazioni ambientaliste e centri tecnici, vuole leggere questi dati non come un elenco di interventi isolati, ma come l’inizio di una possibile infrastruttura verde capace di incidere sulla qualità dell’aria, sulla gestione delle acque e sulla vivibilità delle città. Chi vive in città lo nota ogni stagione: i viali alberati cambiano microclima e abitudini di utilizzo degli spazi pubblici.

Chi finanzia la forestazione e dove

Dietro le piantagioni c’è una distribuzione geografica che non è uniforme: lo studio registra circa 294 progetti distribuiti tra aree urbane ed extraurbane, ma a spingere davvero sono molte Città metropolitane. In alcune regioni la transizione tra vecchi e nuovi piani di finanziamento ha creato pause, mentre altre hanno accelerato con risultati netti. In cima alla classifica regionale si conferma il Trentino-Alto Adige, seguito dalla Basilicata con cifre consistenti, ma sono le performance delle città a fare la differenza.

Messina, Roma e Reggio Calabria, in particolare, pesano molto sui dati regionali: le piantumazioni nelle aree metropolitane hanno prodotto numeri che spostano l’ago della bilancia. Per esempio, Messina e Roma figurano tra le prime per numero complessivo di piante messe a dimora, segno che il centro-sud ha beneficiato di fondi e progetti mirati. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è quanto il coordinamento tra enti locali e uffici tecnici influisca sulla velocità di realizzazione degli interventi.

La provenienza delle risorse è parte della storia: il flusso principale arriva da stanziamenti pubblici e programmi nazionali che hanno canalizzato risorse verso progetti locali. Al tempo stesso, la concentrazione degli interventi nelle aree urbane solleva questioni di priorità: serve equilibrio tra riforestazione periurbana, tutela delle aree agricole e rinaturalizzazione di margini forestali.

Piantare non basta: la sfida della sopravvivenza

Il valore economico della forestazione è condizionato da un passaggio cruciale: le piante devono vivere. Il rapporto mette in luce una divisione netta tra crescita degli stanziamenti pubblici e il calo degli investimenti privati. Le risorse pubbliche si confermano il perno della strategia, con la spinta dei fondi nazionali; nel frattempo i contributi volontari delle imprese mostrano una caduta significativa. Questo cambiamento di mix finanziario influisce sia sulla scala degli interventi sia sulle loro modalità di gestione.

La crisi climatica aumenta il rischio: siccità più frequenti e ondate di calore rendono necessario un approccio diverso alla selezione delle specie, alla preparazione del sito e alle tecniche di messa a dimora. Per questo lo studio insiste su tre passaggi fondamentali: analisi del suolo e del clima, preparazione adeguata dell’area e un piano di manutenzione che preveda cure regolari. Un fenomeno che molti notano solo d’inverno è invece la necessità di interventi estivi mirati, come irrigazioni di soccorso e la lotta alle infestanti.

Il calo dei fondi privati, quantificato in una riduzione del -72% rispetto all’anno precedente, si traduce in pochi alberi coperti da iniziative aziendali: appena 40.852 esemplari. Per questo motivo, la tenuta dei progetti dipende dalla capacità degli enti pubblici di garantire risorse a lungo termine e coinvolgere comunità locali. Solo così le piantagioni possono trasformarsi in beni collettivi: ombra per le strade, habitat per la biodiversità e un contributo misurabile alla riduzione dei costi legati a eventi meteorologici estremi.

Alla fine rimane un aspetto concreto: mettere radici non è solo un gesto ambientale, è una scelta amministrativa che richiede risorse continue e attenzione tecnica. Molte amministrazioni e associazioni lo sanno già, e stanno adattando piani e pratiche per aumentare la probabilità che quegli alberi rimangano in vita per decenni.

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