Un bonifico entra sul conto di una partita IVA e, prima che il titolare possa disporne, una notifica segnala il sequestro della somma: è questo il quadro che cambia con la nuova norma inserita nella bozza della Legge di Bilancio. Lo scopo è chiaro e raccontabile in numeri: rendere più rapida la concentrazione di liquidità verso l’erario e aumentare l’efficacia delle procedure di recupero. Chi lavora con pagamenti e conti correnti in Italia sa che il flusso di cassa può decidere la vita di un’impresa; ecco perché questa proposta si presenta come un intervento operativo, non puramente normativo. Un dettaglio che molti sottovalutano è l’accesso diretto ai flussi documentali digitali: non più solo visure e liste, ma i dati delle fatture emesse nelle mensilità precedenti.
Come cambiano i pignoramenti
La norma attribuisce all’Agenzia delle Entrate la possibilità di leggere i dati delle fatture elettroniche emesse nei sei mesi precedenti e, sulla base di quelle informazioni, procedere a pignoramenti lampo su somme in entrata destinate a soggetti con Partita IVA che risultano avere cartelle esattoriali pendenti. La relazione tecnica allegata alla manovra indica che nel 2024 sono stati avviati circa 600 mila pignoramenti presso terzi, dei quali soltanto il 22,5% ha prodotto incassi, con un recupero medio vicino ai 10.500 euro per pratiche andate a buon fine. La promessa normativa è di raddoppiare questo tasso di successo fino al 44,6%, con un aumento della riscossione stimato in circa 140 milioni di euro all’anno.

La misura non sostituisce tutte le garanzie processuali: è previsto un quadro operativo che integra l’attività di riscossione con il patrimonio informativo digitale, e non è uno strumento che agisce “a tappeto”. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è come questo meccanismo possa incidere sulla fluidità dei pagamenti quotidiani tra imprese e fornitori, cambiando la gestione del capitale circolante per molte società.
Compensazioni e calcolo automatico dell’Iva
Accanto ai pignoramenti, il testo introduce due altri interventi che mirano a ridurre l’evasione e a velocizzare l’accertamento: il calcolo automatico dell’IVA in caso di mancata dichiarazione e la limitazione all’uso dei crediti d’imposta per le compensazioni. L’Agenzia potrà incrociare dati provenienti da fatture elettroniche, corrispettivi telematici e liquidazioni periodiche per quantificare l’imposta dovuta. Prima dell’attivazione del meccanismo, il soggetto interessato riceverà una comunicazione formale: avrà 60 giorni per chiarire la posizione o procedere al versamento, beneficiando di una riduzione della sanzione di un terzo; trascorsi i termini scatterà il calcolo automatico previsto dalla norma.
La relazione tecnica stima un gettito aggiuntivo significativo: circa 646 milioni nei primi due anni e un ulteriore aumento fino a 710 milioni nella fase successiva. Sul fronte delle compensazioni, il disegno di legge stabilisce che, a partire dal 1° luglio 2026, i crediti d’imposta — con l’eccezione di quelli derivanti da liquidazione di imposte — non potranno più essere usati per compensare debiti fiscali o contributivi se sono presenti cartelle pendenti. Inoltre la soglia per il blocco automatico scende a 50.000 euro (da 100.000), e l’effetto combinato delle due misure è valutato in quasi 300 milioni di entrate annuali.
Per diventare operativa la norma richiede l’approvazione della Manovra e, entro tre mesi dalla pubblicazione, un provvedimento attuativo dell’Agenzia delle Entrate. Per molte imprese italiane questo comporterà una diversa gestione dei pagamenti e una maggiore attenzione ai flussi documentali: il saldo tra maggiore certezza dell’erario e impatto sulla liquidità sarà la posta che tante aziende dovranno rinegoziare nella pratica quotidiana.
