Quasi 6 milioni di italiani rinunciano alle cure: liste d’attesa e costi fuori controllo

Quasi 6 milioni di italiani rinunciano alle cure liste d’attesa e costi fuori controllo (2)

Luca Antonelli

Novembre 9, 2025

Una sala d’attesa che si svuota per scelta: persone che tornano a casa senza prenotare visite, rinunciando a controlli che fino a poco tempo prima sembravano scontati. Quel gesto ripetuto milioni di volte disegna una realtà che non è solo statistica: è accesso negato alle cure. 9,9% degli italiani ha dichiarato di aver rinunciato a curarsi, una cifra che pesa sulla vita quotidiana di famiglie e anziani.

Dati e numeri che pesano

I numeri dell’Istat mostrano una tendenza netta: nel corso dell’anno ha rinunciato alle cure il 9,9% della popolazione, pari a 5,8 milioni di persone. È un aumento significativo rispetto all’anno precedente, quando la percentuale era al 7,6%. Le ragioni indicate non sono vaghe: in testa ci sono le liste di attesa, seguite dai costi troppo elevati e dalla difficoltà nel raggiungere le strutture sanitarie. Questi dati emergono dall’audizione dell’Istat alla manovra, una fotografia che gli operatori del settore definiscono preoccupante.

Le conseguenze pratiche sono immediate: ritardi diagnostici, terapie meno efficaci, maggiori costi per il sistema complessivo. – sanzioniamministrative.it

La voce delle lunghe attese riguarda il 6,8% della popolazione ed è il fattore cresciuto di più negli ultimi anni: era il 4,5% nel 2023 e il 2,8% nel 2019. L’impatto non è uniforme: più colpiti sono gli adulti tra i 45 e i 64 anni e gli over 65, mentre le donne segnalano una maggiore rinuncia rispetto agli uomini. Un dettaglio che molti sottovalutano è che la rinuncia alle cure non riguarda solo esami di routine, ma spesso accertamenti che possono cambiare un percorso di cura.

Chi vive nelle città lo nota: le code nelle liste specialistiche aumentano, le prenotazioni utili slittano. Intanto, crescono anche le visite private per chi può permettersele, ampliando il divario tra chi accede alla sanità pubblica e chi si rivolge al privato per non aspettare.

Le conseguenze e il rischio di esclusione

Per molte associazioni la situazione non è un incidente temporaneo ma un segnale di allarme: parlare di collasso del sistema sanitario diventa meno retorico quando si pensa alle diagnosi mancate e alle malattie che peggiorano. Ivano Giacomelli, rappresentante di un’associazione nazionale, sottolinea che non si tratta di semplici ritardi burocratici ma di perdite concrete per la salute dei cittadini. Le persone rinunciano a visite che potrebbero intercettare problemi in fase iniziale e questo si traduce in cure più invasive e costose in seguito.

La ripartizione territoriale non risparmia nessuna area: le percentuali sono alte al Nord, al Centro e nel Mezzogiorno, con valori che segnano una criticità diffusa. Un fenomeno che in molti osservano solo nella vita quotidiana è l’aumento della spesa sanitaria privata: chi ha risorse economiche evita le liste d’attesa, gli altri rimangono in attesa. diritto alla salute e uguaglianza diventano così concetti messi alla prova.

Le conseguenze pratiche sono immediate: ritardi diagnostici, terapie meno efficaci, maggiori costi per il sistema complessivo. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è la difficoltà logistica per chi abita in aree disagiate: spostarsi può essere un ostacolo insormontabile. La tendenza descritta dai dati suggerisce una trasformazione del diritto alla cura in qualcosa di legato alle possibilità economiche, con effetti che molti italiani già notano nella vita di tutti i giorni.

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